Una recente ordinanza del Tribunale di Firenze è destinata a far discutere molto e sarà foriera di sviluppi e conseguenze quanto mai rilevanti. Il provvedimento in questione entra di fatto nel merito delle condizioni ritenute necessarie perché possa ritenersi effettivamente soddisfatta la condizione di procedibilità stabilita dall’art. 5, co. 2, del dlgs. n. 28/2010 in materia di mediazione disposta dal giudice.
Finora l’invito rivolto alle parti di partecipare ad un
primo incontro informativo nel corso del quale potevano decidere se dare avvio
al procedimento di mediazione vero e proprio, è stato considerato come un
adempimento di natura meramente formale, diretto sostanzialmente ad originare un
verbale negativo utile a soddisfare la condizione imposta dalla legge.
Di qui lo scarso entusiasmo manifestato sia da quella ampia
parte dell’avvocatura refrattaria alle procedure di mediazione, sia degli
stessi organismi, che trovano ben poco conveniente il dover predisporre, a
fronte del pagamento di un obolo di soli 40 euro per le spese di segreteria, la
predisposizione di un tavolo di mediazione con tutti i necessari adempimenti.
Orbene, l’ordinanza del giudice Luciana Breggia va ad
incidere su alcuni aspetti della previsione normativa ritenuti non chiari e
comunque poco rispondenti all’esigenza di dare concreto ed effettivo avvio ad
un procedimento di mediazione.
In particolare viene affermato che vi sono “due importanti profili da osservare affinché l'ordine del giudice possa ritenersi correttamente eseguito (e la condizione di procedibilità verificata): I. la mediazione deve svolgersi con la presenza personale delle parti; II. l'ordine del giudice di esperire la mediazione ha riguardo al tentativo di mediazione vero e proprio”.
E si precisa anche che per “mediazione disposta dal Giudice” si intende che il tentativo di mediazione sia effettivamente avviato e che le parti - anziché limitarsi ad incontrarsi e informarsi, non aderendo poi alla proposta del mediatore di procedere – adempiano effettivamente all’ordine del giudice partecipando alla vera e propria procedura di mediazione, salva l’esistenza di questioni pregiudiziali che ne impediscano la procedibilità.
Il giudice ha ritenuto che il primo incontro, quello nel quale vengono date le informazioni sul procedimento di mediazione e viene verificata la loro volontà di dare effettivo svolgimento alla procedura, non possa e non debba considerarsi estraneo alla mediazione vera e propria. “Ritenere che l'ordine del giudice – si afferma nell’ordinanza - sia osservato quando i difensori si rechino dal mediatore e, ricevuti i suoi chiarimenti su funzione e modalità della mediazione (chiarimenti per i quali i regolamenti degli organismi prevedono tutti un tempo molto limitato), possano dichiarare il rifiuto di procedere oltre, appare una conclusione irrazionale e inaccettabile”.
In particolare viene affermato che vi sono “due importanti profili da osservare affinché l'ordine del giudice possa ritenersi correttamente eseguito (e la condizione di procedibilità verificata): I. la mediazione deve svolgersi con la presenza personale delle parti; II. l'ordine del giudice di esperire la mediazione ha riguardo al tentativo di mediazione vero e proprio”.
E si precisa anche che per “mediazione disposta dal Giudice” si intende che il tentativo di mediazione sia effettivamente avviato e che le parti - anziché limitarsi ad incontrarsi e informarsi, non aderendo poi alla proposta del mediatore di procedere – adempiano effettivamente all’ordine del giudice partecipando alla vera e propria procedura di mediazione, salva l’esistenza di questioni pregiudiziali che ne impediscano la procedibilità.
Il giudice ha ritenuto che il primo incontro, quello nel quale vengono date le informazioni sul procedimento di mediazione e viene verificata la loro volontà di dare effettivo svolgimento alla procedura, non possa e non debba considerarsi estraneo alla mediazione vera e propria. “Ritenere che l'ordine del giudice – si afferma nell’ordinanza - sia osservato quando i difensori si rechino dal mediatore e, ricevuti i suoi chiarimenti su funzione e modalità della mediazione (chiarimenti per i quali i regolamenti degli organismi prevedono tutti un tempo molto limitato), possano dichiarare il rifiuto di procedere oltre, appare una conclusione irrazionale e inaccettabile”.
Nelle motivazioni del provvedimento si legge ancora che: 1.
gli avvocati, in quanto tutti mediatori di diritto, hanno già conoscenza della
natura e delle finalità della mediazione, tanto che devono preventivamente
informarne i clienti; e dunque non ha senso che il primo incontro debba avere
solo carattere informativo; 2. la natura della mediazione richiede che le parti
debbano essere presenti di persona, mirando la procedura a riattivare la
comunicazione proprio al fine di verificare la possibilità di una definizione
stragiudiziale; 3. è inaccettabile che la condizione di procedibilità possa
ritenersi validamente assolta dopo un primo incontro che si riveli del tutto
formale e che riduca in termini irrilevanti il ruolo del giudice, del difensore
e del mediatore; 4. l’art. 5 della direttiva europea 52/2008 porta ad escludere
che l’invito rivolto dal giudice alle parti, con la individuazione di un
soggetto terzo ed imparziale finalizzata ad assisterle nella procedura, possa
ridursi ad una mera informativa, che in realtà può ottenersi in altre forme e
modalità preventive. 5. la decisione del giudice di mandare le parti in
mediazione sta a significare che egli ha già compiuto una preliminare
valutazione della possibilità di conciliazione.
L’attenzione è ora incentrata sull’accoglienza che riceverà
l’ordinanza in questione, comunque destinata a far discutere, e soprattutto
sulla sua condivisione da parte della magistratura e sulle reazioni
dell’avvocatura.